RAPPORTO ECOMAFIA DI LEGAMBIENTE: IL 2017 ANNO DA RECORD PER I CRIMINI AMBIENTALI

Un 2017 da record per quanto riguarda i crimini contro l’ambiente. Nell storia del nostro Paese infatti, il numero di arresti per gli “ecoreati” e di inchieste sui traffici illegali di rifiuti non era mai stato così alto: 538 ordinanze di custodia cautelare emesse per reati ambientali, il 139,5% in più rispetto al dato del 2016. Per un totale di 31mila illeciti commessi, 84 al giorno e quasi il 20% in più rispetto all’anno prima.
E’ questo il quadro che emerge dal rapporto Ecomafia 2018 di Legambiente, presentato ieri mattina alla Camera dei deputati, con la partecipazione del ministro della Tutela del territorio e del Mare Sergio Costa, del procuratore antimafia De Raho, del Presidente Legambiente Stefano Ciafani e di numerosi ed autorevoli esponenti del mondo della politica e della giustizia.
della salute dei cittadini e dei beni naturali. Il presidente di Legambiente Ciafani, ha commentato i numeri di questa edizione sottolineando come senza la nuova normativa l’attività repressiva non sarebbe stata possibile, aggiungendo poi, davanti al ministro, come “la lotta agli eco criminali deve essere una delle priorità inderogabili del governo, del parlamento e di ogni istituzione pubblica”.
Il mondo dei rifiuti, per le organizzazioni mafiose è sempre stato una delle maggiori fonti di guadagno: basti pensare che il fatturato del 2017 delle ecomafie è arrivato a superare i 14 miliardi di euro. Un dato in netta inversione rispetto a quello del 2016, quando la cifra sembrava essere diminuita. La mafia è capace di introdursi laddove lo Stato dà segni di debolezza. E lo dimostra il fatto che la corruzione, come rilevato dal Rapporto stesso, continua ad essere il metodo primario con il quale i criminali influenzano il ciclo dei rifiuti.
Non stupisce, dunque, che la maggior parte delle inchieste per il traffico di rifiuti siano state portate avanti nelle regioni dove tradizionalmente la presenza delle mafie è più radicata ( circa il 44% del totale nazionale delle infrazioni): in Campania si registra il maggior numero di reati ambientali e a seguire Sicilia, Puglia, Calabria e Lazio.
L’analisi del dato numerico consente un’ulteriore valutazione: se l’introduzione della normativa ha provocato ottimi risultati dal punto di vista repressivo, questo purtroppo non è stato sufficiente a ridurre il numero di reati contro l’ambiente. Non basta, dunque, un’azione repressiva perché il fenomeno venga definitivamente fermato. Occorre una politica attiva e preventiva che non solo riformuli la normativa in materia ambientale, soprattutto per quanto riguarda la gestione dei ciclo dei rifiuti, ma che sensibilizzi l’opinione pubblica sull’importanza della tutela del territorio, del paesaggio, del patrimonio storico- culturale e ambientalistico di cui gode il nostro Paese. Prima che questo scompaia e non ci sia più niente da proteggere.