Sì o no alle armi, politica inesistente

Armi sì o armi no all’Ucraina. Il dibattito della politica è sclerotizzato sulla fornitura di armi “a fini di pace”: questa è la vulgata.
A noi l’opzione tra sì e no sembra quanto meno manichea, non perché parlamento e governo, nell’ambito delle rispettive funzioni, non debbano assumere decisioni in un senso o nell’altro, beninteso nell’interesse dell’Italia, ma perché manca del tutto la politica.
Manca la valutazione della complessità e della prospettiva, in sostanza manca la visione del paese nel mondo globalizzato che, per circa 25 anni, è girato in un certo modo (dannoso per l’Italia) che, ora, potrebbe peggiorare.
Certo, non crediamo che i cittadini possano essere informati su tutto quello che avviene, e perché, nelle alte sfere. Ma, da quello che si vede, dagli effetti concreti che si riverberano a carico della comunità nazionale, non sembra che siano state adottate contromisure rispetto al sostegno (dovuto) all’Ucraina.
Draghi in parlamento richiama i massimi sistemi e i valori, ed è giusto che i temi della libertà e dell’indipendenza dell’Ucraina, quale paese europeo conteso tra est ed ovest, siano fatti valere, però in un ambito gerarchico che tenga conto anche dell’interesse nazionale italiano.
La politica, in effetti, è fatta dalla capacità di affrontare le contingenze (Andreotti ne è stato maestro) nell’ambito di un disegno più ampio del paese nel contesto internazionale.
La Russia contende gli stati limitrofi all’influenza europea, non perché tema di essere investita da una pioggia di fuoco. Perché vuole ampliare la sfera della propria influenza e riacquisire lo status di protagonista globale, in un mondo multipolare, che le viene negato da Stati Uniti e Cina. Piuttosto maldestramente da parte di entrambe le potenze e, di certo, in danno dell’Europa nel suo complesso.
Che fare? Come reagire? Con la politica, che non si esaurisce nel sì o nel no alle armi e di cui non si vede traccia nel governo e nel parlamento.