Russia, sindrome dell’accerchiamento

La guerra in Ucraina avrebbe avuto origine dal rischio di accerchiamento della Russia ad opera della Nato.
La giustificazione non regge perché le modalità della guerra di una grande potenza nucleare, quale è la Russia, al pari degli Stati Uniti, oggi non si basano sulla contiguità del territorio nemico.
Con i sottomarini le testate sono in grado di colpire praticamente ovunque, in assoluta reciprocità. Quello che era vero nel 1962 (crisi di Cuba), quando la prossimità della base nemica era insidiosa per gli Stati Uniti, non è vero oggi per la Russia, anche in caso di adesione (peraltro, non in agenda) dell’Ucraina alla Nato.
Mentre la sindrome dell’accerchiamento è una costante della storia russa e sovietica. Ha ricordato Minniti, nel corso di un talk show, che nel 1980, in visita nell’Unione Sovietica, azzardò una domanda sull’invasione in corso dell’Afghanistan. Il generale che teneva la conferenza non si scompose, fece calare nella stanza le carte del pianeta, di cui l’Unione Sovietica occupava un territorio enorme, ma comunque circoscritto da ogni parte, e disse, senza temere il ridicolo, che la patria era accerchiata e che lo sfogo in Afghanistan era necessario. Come la guerra preventiva oggi in Ucraina, secondo alcuni commentatori, dotati di notevole faccia di bronzo.
Non c’era alcun rischio che l’Ucraina ad un certo punto decidesse di papparsi la Russia, mentre è vero che il territorio ucraino fa gola all’orso russo perché si affaccia sul mare, perché è dotato di parecchie risorse e, come si è visto, all’occorrenza mette in campo notevoli combattenti.
Poi, come abbiamo scritto più volte, questo caos in Europa non dispiace al convitato di pietra, che dialoga con la Russia e non disdegna, ogni tanto, servizi di hard power, in alternativa al soft power che gli viene universalmente riconosciuto. Ci riferiamo alla Cina.