Processi di guerra


Il soldato russo processato dal tribunale penale di Kiev per avere ucciso un civile ucraino inerme durante la fuga è stato condannato all’ergastolo.

Il processo è durato pochi giorni, a pochi giorni dal fatto. L’atmosfera dell’aula è apparsa nelle riprese tv vagamente surreale. Le forme sono state rispettate, per quanto consentito dalle circostanze (i bombardamenti in Ucraina sono ancora in corso).

L’esito era scontato, malgrado sia emerso l’ordine superiore “minaccioso”. Come dire, soldato, se non spari ci saranno conseguenze a tuo carico, secondo la legge marziale evidentemente. Sempre ricorrente in circostanze analoghe.

Ricordiamo che le convenzioni internazionali prevedono la rappresaglia e che l’infame strage delle Fosse Ardeatine è stata perseguita soltanto per l’eccesso di zelo dei responsabili assicurati alla giustizia italiana.

Agli ordini, soprattutto in guerra, non si disubbidisce, ha ricordato a Quarta Repubblica il procuratore generale militare. Salvo che non siano palesemente contrari a principi superiori. Ma, in battaglia, si può dibattere? Quindi la questione rimarrà aperta, per sempre.

E’ stata dibattuta nel processo di Norimberga, concluso con la morte di quasi tutti gli imputati, e nel processo ad Eichmann in Israele nel 1960, concluso con la sua morte.

Entrambi i processi, tragici per la tragicità delle vicende dibattute in aula, si sono svolti in un clima almeno teoricamente imparziale, a guerra conclusa. Addirittura 15 anni dopo per Eichmann, avventurosamente rapito in Sud America da agenti del famoso Mossad. I più giovani sanno molto poco di entrambi i processi, perché il tempo ha il pregio di cancellare le brutture. Ed è bene che sia così. Il processo Eichmann è ricordato di più per la preziosa opera di Hannah Arendt “La banalità del male”, che per il fatto in sé.

Cosa accadrà ora al soldato russo. E’ già stato detto che potrebbe essere scambiato con soldati ucraini prigionieri dei russi. La vedova della vittima ha dato il suo benestare durante la deposizione in aula. Non avverrà domani, perché anche Putin e i giudici russi non si faranno sfuggire l’occasione di processare i soldati del famoso reggimento Azov, catturati dopo la lunga difesa nell’acciaieria.

Nel frattempo, a Kiev vengono avviati a processo altri soldati russi. Non diamo giudizi. Notiamo soltanto che la guerra sta producendo la sua consueta ordinarietà del male, a cui si fa l’abitudine (i 200 morti rinvenuti ieri nelle cantine di Mariupol non hanno fatto notizia come i morti di Bucha) e che non viene cancellata dai processi. Che, pure, bisogna fare.

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