Il Dugin pensiero, nulla di nuovo


Aleksandr Dugin comincia ad essere noto al pubblico italiano. E’ intervistato spesso e, bisogna dire, che lui non si tira indietro. Non elude le domande e non esita a dissentire dal main stream russo, se è necessario per le sue argomentazioni. Che sono formulate in un italiano pienamente comprensibile, che, anzi, darebbe i punti ai famosi “ragionamendi” di De Mita, quando era in spolvero, e a tanti altri politici italiani del presente e del passato.

Cosa dice Dugin? Che la guerra è una reazione alla Nato, che la Russia ha una visione diversa del mondo, confliggente con valori e principi occidentali di cui la globalizzazione è una manifestazione commerciale e culturale inquietante (e su questo non possiamo dargli torto del tutto), che il mondo deve tornare ad essere multipolare. A tre, ovviamente, Stati Uniti, Cina e Russia, ma questo non lo dice.

Gli è, però, scappato, nell’intervista a Sky, che il polo europeo (russo nella sua visione) dovrebbe attrarre gli altri stati europei. Non è una novità assoluta nella storia del pensiero politico. Hitler, ad esempio, aveva una concezione analoga del mondo. Anche lui voleva un mondo multipolare. Stati Uniti, isolati dalla loro stessa dottrina Monroe (adattata tante volte nel corso dei due secoli dalla sua enunciazione), Giappone invece della Cina e, naturalmente, Germania in Europa. Nella prospettiva di un’America più debole, nel lungo termine.

Non saremmo stati d’accordo con Hitler e non siamo d’accordo con Dugin e Putin, se effettivamente Dugin è un suo portavoce. Non pensiamo che l’Europa debba essere un polo unico e sottomesso ad una grande potenza.

E, infatti, in altri precedenti articoli, abbiamo attribuito a Churchill una relativa scarsità di vedute politiche, visto che l’Unione Sovietica, capeggiata da Stalin e successori, è stata il frutto del suo impegno politico a Downing Street.

Si può pensare ad una Unione Europea migliore di adesso, meno dirigista e più politica, alleata ma indipendente dagli Stati Uniti. In cui la Russia, con sua buona pace, si appresti a svolgere, per qualche decennio, un ruolo di compartecipe di scelte economiche e politiche non prevalenti. Sicuramente, non dominanti.      

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