Piccoli e medi imprenditori massacrati dalla politica

Tabacci è un vecchio democristiano sopravvissuto ai cambiamenti, cortese, inclusivo per quanto consentito dalle circostanze. Finché non vengono messi in discussione i suoi intimi convincimenti, che di solito corrispondono agli interessi della cordata di appartenenza (un tempo, ai bei tempi della Dc, corrente di partito).
E che ha cercato in tutti i modi di spiegare al piccolo imprenditore marchigiano, volato a Mosca, inconsapevole dei superiori destini, per vendere la scarpe e per sfuggire al fallimento.
Il battibecco è durato poco, anche perché, all’occorrenza, Tabacci sa come i principi si fanno valere (con la forza dialettica della ripetizione), soprattutto se l’interlocutore non conosce o non condivide i valori supremi della cordata, che fanno strame della vita sua e delle persone come lui.
Il conduttore del caso, che limita la sensibilità informativa alla presenza della vittima di turno e non necessariamente all’esposizione delle sue ragioni, ha tagliato corto e il piccolo imprenditore marchigiano è tornato a casa, presumibilmente con l’idea di non essersi spiegato bene sulle ragioni della sopravvivenza personale sua e dell’azienda. Comunque con le pive nel sacco. Pazienza!
E’ soltanto uno dei milioni di piccoli e medi imprenditori italiani che rischiano il fallimento e la fame per le incapacità della politica.