La cura di Draghi


Il Financial Times ha pubblicato un articolo di Mario Draghi sui disastrosi effetti economici e finanziari della pandemia (da lui definita una tragedia di proporzioni bibliche) e tutti in Italia si sono chiesti cosa ci sia dietro. I politici di lungo corso hanno subito adottato le contromisure, senza dare troppo a vedere. Anzi, invocando il suo nome, per investirlo della buriana e, in prospettiva, per ridurne l’appeal sulla pubblica opinione. Perché è chiaro a tutti, in primo luogo a Draghi, che nessuno ha il dono dell’intervento taumaturgico. E’ necessario un intervento di sistema, non solo nazionale, e Draghi l’ha scritto specificamente nell’articolo (di cui la stampa italiana ha riprodotto il titolo e poco più). La perdita di reddito e di ricchezza del settore privato dovrà essere assorbita dallo Stato, mediante un significativo incremento del debito pubblico. La questione chiave – avverte Draghi – non è se, ma come, lo Stato dovrà fare buon uso del bilancio pubblico. E ha precisato che l’occupazione deve essere protetta, per consentire una effettiva ripresa, prima che la capacità produttiva sia distrutta. L’intero sistema finanziario dovrà essere mobilitato per perseguire il risultato del mantenimento dell’occupazione (in Italia già gravemente compromesso da una politica economica a dir poco carente). Non dimentichiamo che Draghi è stato allievo di Federico Caffè, che dell’equilibrio tra domanda e offerta è stato un appassionato sostenitore fin dai tempi della partecipazione alla ricostruzione del dopoguerra, dall’osservatorio privilegiato della Banca d’Italia. La rapidità di intervento è un fattore di successo e non dovrà mancare la consapevolezza degli Europei che la causa è comune. La mobilitazione del sistema bancario, insieme alle misure di incremento del debito pubblico, quindi è necessaria e deve essere immediata, per essere efficace. Siamo completamente d’accordo con Draghi, lo diciamo con umiltà. Ma ci chiediamo se, come e da chi, le banche potranno essere mobilitate, visto che la Banca d’Italia tiene alla propria indipendenza – secondo noi, tutta da circostanziare – e le banche, tramite le fondazioni, rispondono soltanto a sé stesse. Come si è visto negli ultimi 20 anni. Una questione non da poco.

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