I diavoli, seconda stagione


E’ andata in onda la seconda stagione della fortunata serie dei diavoli della finanza, a firma di Guido Maria Brera, intervistato da 7 per celebrare il successo di pubblico.

La serie infatti è piaciuta e ci sarà sicuramente una terza stagione. Con un handicap. Se il trend è confermato, i diavoli saranno sempre meno diabolici, per dimostrare che la finanza, secondo Brera, non è né buona, né cattiva.

Anche se, nell’intervista, Brera dice che “per anni le banche centrali hanno stampato denaro che però finiva quasi tutto nelle solite mani (e poi speso in) case di pregio, vini e orologi di lusso, ristoranti stellati, chirurgia estetica, college esclusivi per i figli, opera d’arte, bitcoin …”. Non esattamente una destinazione di spesa di interesse generale.

In sostanza, le banche centrali hanno stampato denaro di cui la finanza ha fatto incetta (come? Brera non dice) per le proprie spese di lusso, distraendolo dagli investimenti produttivi che avrebbero creato occupazione e benessere diffuso. Come avrebbe voluto Caffè, di cui Brera parla nell’intervista, attribuendogli la decisione di sparire nel nulla. Noi, invece, pensiamo che il piccolo grande economista sia stato fatto sparire, perché era autorevole e cominciava a dare fastidio. Ma restiamo sulla finanza.

E’ vero che, in teoria, la finanza non è né buona né cattiva. Se svolge la sua funzione di contribuire alla produzione, remunerando il proprio lavoro con i margini (esigui) consentiti dalla produzione industriale.

Se, invece, assume il dominio e trascura la produzione, la finanza ammazza l’industria, come è successo spesso in Italia, più che altrove.

Perché, diciamola tutta, la finanza, se non è di servizio, è predatrice e distrugge l’economia. Può speculare, cioè scommettere sul futuro e così vincere o perdere, ma non può aggiustarsi il futuro con manovre di fatto illegali. Se Brera, da esperto, vorrà dilungarsi sulle modalità di azione della finanza, saremo lieti di ospitarlo.      

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