GOOD BYE GRETA: la sfida ai cambiamenti climatici si allontana


Nonostante gli atteggiamenti muscolari di Putin e dei suoi generali il conflitto tra Russia ed Ucraina è già un pesante fardello per l’economia russa, con una prospettiva negativa dovuta alle sanzioni , in particolari quelle energetiche,  che si faranno sentire man mano che l’import europeo di gas e petrolio dalla Russia comincerà a diminuire.

Il consumo di armamenti da parte della Russia è rilevante e la capacità della loro produzione per renderla disponibile sui campi di battaglia condizionerà tattiche e strategie. Mentre i soldati russi sono sempre più impreparati ad una guerra in campo, che sarà per loro ancora più rischiosa per l’arrivo delle armi fornite da inglesi ed americani.

La Cina, chiamata a sostenere l’alleato, ha di fronte una sfida difficile al suo interno  ed il lockdown di megalopoli con decine di milioni di abitanti non solo rallenta produzioni e spedizioni  ma sta mettendo in discussione la stessa autorevolezza dei governi locali. Le proteste che trapelano dalla censura  governativa cominciano a mettere in dubbio anche  la credibilità del Governo centrale.

Le borse mondiali temono più questo fenomeno che la guerra alle porte della UE.

Il risultato è comunque uno sfondamento delle regole sul cambiamento climatico concordato con fatica prima a Parigi e recentemente a Glasgow con un ritorno al carbone nei Paesi della UE, Italia compresa, che deve rimettere a pieno in funzione le centrali di Brindisi, Civitavecchia e Marghera per supplire alla domanda di energia, senza scaricare completamente il costo di una transizione energetica su Cittadini ed Imprese.

Il combinato disposto di guerra alle porte della UE e di emergenza COVID 19 in Cina sposta di fatto in avanti i termini dell’obbiettivo di contenere le emissioni di CO2 entro il 2026 .

Dopo la guerra sul campo rimarrà una “guerra economica” nei mercati dell’energia con un impatto anche sulla produzione alimentare tutta da capire ma foriera di altre tensione in Paesi al limite  della sufficienza vitale delle scorte alimentari; la tensione dei prezzi  sulle commodities già dimostra un futuro che sarà di complicata gestione da parte dei Governi.

L’Ucraina era un grande produttore non solo di cereali e di olio di girasole ma anche di fertilizzanti e la tensione dei costi nella produzione zootecnica è già evidente in Italia con inevitabili perdita dei poteri di acquisto nella popolazione a basso reddito.

L’adozione di politiche di sostenibilità per una agricoltura meno inquinante comporta comunque dei costi che, se supportate da fondi pubblici, vanno contemperate con la maggiore spesa energetica nel periodo di transizione gas russo>gas africano>energie rinnovabili.

Il combinato di energie eolico/fotovoltaico con accumulo hanno tempi ineludibili per diventare competitivo in termine di quantità prodotta. Quindi se l’investimento nelle tecnologie alternative è una via obbligata per avere autonomia energetica   deve essere sostenuto da una politica della UE coesa e lungimirante, tutta da definire con il rinnovo di Macron nella  Francia “nucleare” , una Germania al “carbone” ed un Italia  alla vigilia ormai di una competizione elettorale nazionale.

Il costo della produzione elettrica da fonti rinnovabili è stabile ed è in linea con la sfida climatica,  ma bisogna arrivarci  e queste scelte saranno il vero problema  sul quale fare programmi per la prossima legislatura, al netto delle complicazioni che potranno venire dal  protrarsi del conflitto in territorio ucraino che ha  spostato i tempi per gli obbiettivi  di COP26, ormai  definibili – ed auspicabili – come COP28. Occorrerà lavorare molto ma con la guerra  “primum vivere et deinde philosophare“. Speriamo che nel frattempo  continui almeno  il bla, bla, bla 

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