Fincantieri, cambio della guardia

Giuseppe Bono lascia Fincantieri, malvolentieri. Ha reclamato il successo del conto economico, almeno per non perdere le deleghe di presidente. Inutilmente.
L’uscita di scena è stata causata o accompagnata, come spesso accade in Italia, da pettegolezzi sul potere delle zarine, almeno due, che si sono fatte la guerra in azienda. Nulla di strano, in realtà.
In tutte le aziende la gente si fa la guerra, più o meno dichiarata, per fare carriera, anche creando ostacoli al capo o agli avversari interni. Ma questa è Fincantieri, società pubblica con bilanci in ordine e prospettive di sviluppo, tanto più nella prospettiva di un incremento delle spese nella difesa.
Non ha giovato a Bono la disavventura di D’Alema, su cui la Verità ha creato un caso giornalistico sfuggito – guarda caso – alla stampa più paludata. Ne sapremo di più nei prossimi giorni. Forse. Non è scontato.
Il sistema della polvere sotto il tappeto è largamente praticato, non solo in Italia, ma soprattutto in Italia. Non soddisfa le regole della trasparenza, non punisce tutti quelli che lo meriterebbero, se non altro per mancanza di lealtà nei confronti dei cittadini, ma è la prassi. Non vogliamo dire che è la democrazia, perché, in tal caso, mentiremmo. La democrazia è un’altra cosa. Non sempre apprezzata e praticata. Anche in ambiti elevati.