Il baronato universitario


“Studiare tra i baroni” è il titolo di un articolo scritto da John Foot, storico britannico, per Internazionale. Tratta del modo di fare carriera nelle università italiane, prendendo spunto dal caso Suarez, il calciatore da 10 milioni di euro l’anno, che non poteva essere bocciato.

Un pugno nello stomaco di chiunque aspiri alla carriera accademica, sia convinto a desistere dal professore di turno e vada ad arricchire il patrimonio culturale di tante università americane, inglesi, francesi.

E’ un articolo da leggere e da diffondere. Soprattutto da consegnare a Patrizio Bianchi, ministro della Pubblica Istruzione e accademico a sua volta, perché dica cosa ne pensa e soprattutto dica cosa vuole fare per ripristinare (o introdurre) il modello meritocratico nelle università italiane. Per portare veramente la cultura al centro dello sviluppo sociale, giuridico ed economico del paese. Rispettando le regole dell’etica, anche nell’insegnamento.

Chi scrive ha avuto la fortuna di frequentare la facoltà di giurisprudenza della Sapienza quando insegnavano professori che hanno veramente contribuito alla cultura giuridica italiana: Vassalli, Satta, Santoro Passarelli, Crisafulli, Astuti, Taormina, Micheli e altri ancora. Pochissimi successori si sono rivelati all’altezza.

Il sistema è nato con loro, con i grandi professori, senza che se ne accorgessero. Due geni assoluti del diritto, Emilio Betti e Gino Gorla, alieni dal sistema, non hanno lasciato successori. Non conosciamo direttamente altre facoltà e quindi ci esimiamo da critiche. Ma le notizie che giungono non sono confortanti.

Sembra che il governo Draghi voglia fare qualcosa per invertire la tendenza all’espatrio delle menti. Attendiamo fiduciosi. Intanto, a Patrizio Bianchi la parola.

Conversazioni

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


*