Abbandoni negli atenei al 12%. Tengono Medicina e Ingegneria


L’Italia è al secondo posto in Europa per disoccupazione giovanile. Questo il dato confermato recentemente dagli studi che analizzano il tasso di occupazione in tutti i Paesi EU.

La nostra nazione affronta da anni grandi difficoltà anche dal punto di vista dei percorsi di studi universitari. I dati più recenti dimostrano che in Italia gli abbandoni degli studi sono al 12% (al Sud il 15% degli studenti lascia gli studi, mentre al Nord sono circa il 10%).

Gli early school leavers fino a prima della pandemia erano in netto calo, ma a causa del covid il trend potrebbe essere mutato, confermando, intanto, che siamo penultimi anche per i laureati nella fascia 30-34 rispetto agli altri Stati europei.

Il dato più interessante è che solo i corsi di studi con test ed ammissioni a numero chiuso registrano il numero di rinuncia agli studi minori in assoluto (le commissioni di analisi ritengono sia per il fatto che il test di ammissione motivi maggiormente lo studente). In questo senso, infatti, si registra nelle facoltà di medicina un abbandono limitato al 6%.

Ciò è confermato anche dal Ministro dell’Università – Messa – che ha dichiarato: «Guardando i dati delle diverse aree disciplinari, è significativa la bassa percentuale di abbandono in scienze mediche tra primo e secondo anno, corsi per accedere ai quali i giovani si preparano intensamente e spesso a lungo. Come sapete, vogliamo sicuramente rendere il test per l’accesso programmato sempre di più un percorso di orientamento e ingresso togliendo, per medicina e chirurgia dal 2023, il “quizzone” in un solo giorno, ma credo che dalla lettura di questi dati si debba trarre un importante messaggio: la scelta del percorso universitario, per essere solida e dare soddisfazione ai nostri giovani, deve essere accompagnata, preparata e supportata nel tempo. Fare in modo che ciò sia sempre di più per tutti i percorsi è il mio principale impegno».

Il dicastero, però, ha già pronta una strategia. Attualmente le rinunce da parte degli studenti sono condizionate dall’impossibilità di seguire le lezioni, a causa sella mancanza di competenze che dovevano essere acquisite in età scolastica, per scelte di orientamento sbagliate e, anche, impossibilità economiche che non consentono a molti studenti di studiare “fuori sede”.

Ecco perché l’investimento dei 250 milioni del Pnrr consentirà il miglioramento dei percorsi di studio e di selezione degli studenti aiutandoli tanto nella scelta, quanto nel raggiungimento ottimale degli obiettivi accademici.

Infine, per venire in contro alle numerose esigenze economiche per gli studenti fuori sede, molti atenei si stanno orientando anche verso l’apertura di un maggior numero di corsi online, soprattutto post-universitari (corsi di perfezionamento, master ecc…), aiutando così chi è in difficoltà ed aumentando il bacino del numero degli studenti iscritti.

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